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Internet e nuovi siti

  Internet è un mare magnum virtuale che circonda e accompagna i giorni e le notti di milioni di individui: prescindere dalla mole di informazioni che vi sono racchiuse è impossibile. Ancor di più è faticoso orientarsi negli argomenti e discernere, con ragionevolezza, tra essi cosa merita attenzione e approfondimenti. Restano , in questo contesto, aperte le questioni delle fake news, dell'uso non consono del linguaggio, di fenomeni quali il body shaming, del bullismo e solo per citarne alcuni.   La rete pare abbia inverato la profezia di   Heidegger     solo che la " chiacchiera" (diventata  chiacchiericcio) e il "si dice" si sono sviliti: altro che "deiezione" come scrive il filosofo di "Essere e Tempo": siamo in un oltre indefinibile. Ben vengano , allora, siti che stimolano il dialogo , la parola ponderata, i temi ben trattati.  Il sito  https://www.giacintoplescia.it   è tra questi: con garbo e leggerezza restituis

GIACINTO PLESCIA: Corpo-Mente in Filosofia ed i Neuroni-Specchio

MENTE E CORPO

  


La scoperta dei Neuroni Specchio di Giacomo Rizzolati confermano gli studi su corpo e mente in Filosofia.

Le nuove acquisizioni scientifiche circa le origini della Conoscenza si connettono alla Filosofia e segnatamente al tema dei rapporti tra mente e corpo.

La conoscenza dipende dall’essere l'uomo inseparabile dal proprio corpo che è il nostro punto di vista sul mondo: a partire da esso vediamo la realtà. 


Dalla separazione tra mente e corpo di Cartesio alla Fenomenolgia di Husserl https://frame-frames.blogspot.com/2014/07/il-soggetto-tra-descartes-husserl-e.html ed alla lezione di Merleau-Ponty si consuma un cambio di paradigma che trova il punto di forza nei neuroni specchio di Giacomo Rizzolati ed ancora prima nel concetto di empatia.

La Filosofia e la Scienza si confrontano https://www.giacintoplescia.it/hilary-putnam-e-la-mente/ e, per tanti versi, convergono e concordano su questo passaggio epocale.

Giacinto Plescia si rapporta alla teoria delle catastrofi ed alla topologia per delineare un cambio di paradigma e per un nuovo modello di mente https://www.mondadoristore.it/modello-topologico-mente-Giacinto-Plescia/eai979122033597/   https://frame-frames.blogspot.com/2020/06/giacinto-plescia-per-un-modello.html
 

Indice dei Contenuti

  • Introduzione
  • Husserl e Merleau-Ponty
  • L'errore di Cartesio
  • Merleau-Ponty: il disturbo di Schneider
  • Damasio e Merleau-Ponty
  • Il corpo ed il cervello per Damasio
  • Lo schema corporeo di Merleau-Ponty
  • L'arco intenzionale di Merleau-Ponty e le conferme delle ricerche di Damasio
  • Varela e Maturana: l'embodiment
  • Merleau-Ponty: la Filosofia, il corpo, lo spazio ed il movimento
  • La rete autopoietica di Varela e Maturana
  • Merleau-Ponty il ritorno all’essere grezzo 
  • Varela e Maturana: la cognizione come fenomeno biologico 

 
Corpo e Mente in Filosofia e i Neuroni-Specchio di Giacomo Rizzolatti
di 
Giacinto Plescia


  • Introduzione
«La vita non è semplice oggetto per una coscienza» la vita non è pensabile senza far riferimento alla natura percepita, ed è il corpo - non una coscienza - a percepirla e abitarla

Merleau-Ponty https://frame-frames.blogspot.com/2013/06/lessere-corpo-da-derrida-merleau-ponty.html si concentra sulle conseguenze che le nuove acquisizioni possono avere per la riflessione filosofica: ricerche che in altri ambiti disciplinari hanno affrontato il tema della percezione (fisiologia del sistema nervoso, Gestaltpsychologie, psicologia dell’età evolutiva, studio delle patologie mentali). 
Ogni indagine sulle origini della conoscenza deve, necessariamente, partire dal/o ritornare al  problema della Natura e delle modalità di percezione.

 

  • Husserl e Merleau-Ponty
Husserl aveva parlato di “somatologia” come scienza del corpo vivo, e della percezione e dell'espe- rienza del corpo vivo si è occupato. 
Per Husserl un approfondimento verso una somatologia avrebbe dovuto investire le scienze zoologiche, la fisiologia umana e animale.

Merleau-Ponty prosegue le riflessioni di Husserl su “corpo proprio visto” e  “corpo proprio «che tocca ed è toccante»”, giunge a riconoscere la necessità di tradurre in logica percettiva ciò che le scienze tradizionali trattano come natura materiale. 

Merleau-Ponty è consapevole dei problemi filosofici che l’uscita dal dualismo può comportare, in particolare nel passaggio dal cartesiano «io penso che» all’«io posso» fenomenologico: la sua ricerca è fondata su questo movimento.
  • L'errore di Cartesio
Nel passaggio dall’epistemologico all’ontologico, ovvero nella considerazione della mente in quanto sostanza indipendente dal corpo, si consuma l’«errore» di Cartesio. 
In realtà nel Discorso sul metodo, pur affermando la differenza sostanziale di res cogitans e res extensa, Cartesio riconosce una certa importanza all’organismo umano.   


 

«Infatti non può trattarsi di analizzare il fatto della nascita come se un "corpo-strumento" ricevesse un "pensiero-pilota" venuto da un altro luogo, o come se viceversa un oggetto chiamato corpo producesse misteriosamente la coscienza di sé. 

Non ci sono due nature, l’una subordinata all’altra, c’è un essere duplice» in relazione tra loro, ma sono intimamente “uniti” e  “fusi”. 

Cartesio afferma che l’anima è unita al corpo, però «quell’unione sostanziale non impedisce di avere un concetto chiaro e distinto della sola mente come cosa completa». 
La radice dell’«errore»: si riconosce sostanza alla mente e in definitiva esistenza ontologica. 
In Cartesio sembrano essere presenti il problema e la sua soluzione.

Cartesio considera le sensazioni e le passioni irriducibili tanto al puro pensiero, quanto agli eventi fisici del mondo dell’estensione, dunque da ricondurre all’«unione sostanziale» delle due sostanze che è l’essere umano. 
È forse il punto più debole dell’argomentazione cartesiana, ma è anche in nuce la possibilità di rifiutare il dualismo "corpo-mente".

Le argomentazioni più interessanti di Cartesio sono quelle esposte nel descrivere l’«unione sostanziale» di mente e corpo. 
Nel Discorso la buona salute del corpo e dell’ingegno sono messe in stretta relazione dal filosofo, che al corpo riconosce un ruolo fondamentale nell’acquisizione di conoscenza. 
Queste riflessioni, sottovalutate, appaiono di grande importanza per la comprensione di riduzionismo ed eliminativismo https://frame-frames.blogspot.com/2022/09/verita-e-teorie-il-pensatore-di-rodin.html

La nozione di «unione sostanziale» di cui parla Cartesio sembra già indicare la via a una possibile soluzione del problema, pur restando nel dualismo. 
L’approccio fenomenologico e i progressi delle neuroscienze sembrano favorire un ritorno a una concezione dell’essere umano come «io unitario»
La funzione non può più essere indipendente dalla struttura, e a dimostrazione di ciò interviene  lo studio del caso clinico.
  • Merleau-Ponty: il disturbo di Schneider
Esaminando il caso di Schneider, un uomo ferito da una granata e gravemente limitato nell’esercizio delle funzioni simboliche, Merleau-Ponty scrive: quando si chiama in causa la funzione simbolica, si caratterizza sì la struttura comune ai diversi disturbi, ma questa struttura non deve essere distaccata dai materiali in cui si realizza. 

Il disturbo di Schneider non è originariamente metafisico: è stata una scheggia di granata a ferirlo nella regione occipitale; «non basta che l’anima sia posta nel corpo umano come un pilota nella sua nave, se non forse per muovere le sue membra, ma che deve essergli unita più strettamente perché possa provare, oltre a ciò, sentimenti e passioni simili ai nostri, e comporre in tal modo un vero uomo».

Sarebbe assurdo pensare che la scheggia di granata si è incontrata con la coscienza simbolica. 
Come spiegare il trauma in un’ottica dualista, quando lesioni fisiche cerebrali causano perdita dell’uso del linguaggio, del ragionamento, delle emozioni?
  • Damasio e Merleau-Ponty
Ciò che il fenomenologo francese definisce ancora il ‘mistero’ risiede nella funzionalità connessa alla struttura che Damasio identifica nell’operare chimico-neurale dell’insieme “cervello-corpo”. Il filosofo aveva intuito l’importanza di tale funzionalità, tanto da criticare l’analisi classica della percezione, che distingueva i dati sensibili dai significati che questi ricevono tramite un atto intellettivo. 
«Sotto tale punto di vista - scrive Merleau-Ponty - i disturbi della percezione non potrebbero essere se non deficienze sensoriali o disturbi gnosici».
  • Il corpo ed il cervello per Damasio e Federico Faggin
I casi clinici da lui osservati - come quelli di Damasio - dimostrano invece l’unione della sensibilità e del significato, rivelando il condizionamento esistenziale di entrambi. 

Damasio scrive che l'organismo costituito dall'associazione corpo cervello interagisce con l'ambiente come un tutt'uno: l'interazione non è del solo corpo o del solo cervello. 

 

Dalle sue ricerche su emozioni sentimenti e cognizione sembra provenire una conferma sperimentale del concetto di arco intenzionale di Merleau-Ponty: dacché c'è coscienza e perché ci sia coscienza è necessario che sia un qualcosa di cui essa sia coscienza, un oggetto intenzionale.

Se un essere è coscienza, è necessario che esso non sia altro che un tessuto di intenzioni. 
Damasio definisce mitica la separazione tra mente e cervello e altrettanto sostiene riguardo alla distinzione tra mente e corpo: la mente è incorporata nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello. 

L’oggetto è conosciuto per profili, lo possiamo percepire sempre e solo da una certa prospettiva, cogliendone un lato alla volta, eppure noi sappiamo che esso permane nella sua unità e identità. 
La visione è, pertanto, un atto a due facce, dal momento che avviene sempre secondo una dialettica di "figura/sfondo". Un oggetto percepito non può divenire tale senza che gli oggetti circostanti divengano orizzonte.

La prospettiva è la condizione di possibilità perché mi appaia l’oggetto, e se è il mezzo che gli oggetti hanno per dissimularsi è anche quello che hanno per svelarsi. 

Questa visione in prospettiva è attaccata al corpo che è il nostro punto di vista sul mondo, è sempre a partire da esso e dalla sua posizione che noi percepiamo, tocchiamo, vediamo, tracciamo una distanza. 

Ma dimenticando il prospettivismo, noi tendiamo a considerare il corpo come un oggetto fra gli altri, e lo trattiamo insieme ai suoi organi come frammento di materia. 
In questo modo non ci occupiamo più del nostro corpo, così come lo viviamo nel sapere “ante-predicativo”, nella comunicazione interna che abbiamo con esso.

Federico Faggin considera la coscienza irriducibile al solo dato materialistico https://frame-frames.blogspot.com/2022/10/irriducibile-di-federico-faggin.html   
  • Lo schema corporeo di Merleau-Ponty
Merleau-Ponty intende ritrovare l’origine dell’oggetto nel cuore stesso della nostra esperienza, descrivere l’apparizione dell’essere. 

Per fare ciò seguirà il pensiero oggettivante quando esso è all’opera nella costituzione del nostro corpo, giacché questo è il momento decisivo nella costituzione dell’oggetto, per vedere se effettivamente dietro ad un tale pensiero sia possibile ritrovare l’esperienza. 

In realtà Merleau-Ponty mostrerà che esso si sottrae a un tale trattamento obiettivante, e che si ritira dal mondo oggettivo, rivelandoci tanto il soggetto quanto il mondo percepito.

Il corpo proprio, cioè il corpo senziente, ci insegna un modo di unità: io non sono di fronte al mio corpo ma sono il mio corpo. 
Tale unità è chiamata lo schema corporeo, che significa che io tengo in un possesso indiviso il mio corpo e conosco in modo immediato la posizione delle mie membra, e che i movimenti del corpo formano un sistema con gli oggetti esterni.

 

Attraverso questa unità preriflessiva, il mio corpo è polarizzato verso dei compiti, è intenzionale. Attraverso il fenomeno della parola, uno dei moti espressivi del corpo, Merleau-Ponty mostra l’intenzionalità del corpo, il suo oltrepassarsi verso qualcos’altro, il suo potere di significazione. 

Attraverso il significato gestuale ed emozionale della parola, attraverso la mimica che le è connaturata si può vedere come agli organi del corpo corrispondano delle emozioni, ovvero come vi sia una strutturazione simultanea fra l’uso del proprio corpo e il proprio mondo dell’emozione.

Ciò che si impara allora è che è il corpo a mostrare, è il corpo a parlare
L’intenzionalità del corpo conduce a superare la separazione classica di soggetto e oggetto.
La tradizione cartesiana ci ha insegnato a separarci dall’oggetto, a vedere il corpo come una somma di parti senza interiorità e l’anima o la coscienza come un essere completamente pieno e trasparente a sé stesso. 

Mentre l’esperienza del corpo mostra un modo di esistenza ambiguo. 
Esso non è oggetto, se tento di pensarlo come un fascio di processi in terza persona mi accorgo che non li posso collegare con semplici rapporti di causalità, ma essi sono tutte ripresi e coinvolti in un “dramma unico”. 

E per lo stesso motivo la coscienza che ho del corpo non è un pensiero, non posso comporlo e ricomporlo, la sua unità è sempre confusa, posso soltanto viverlo e confondermi con esso. 

Io ho un corpo e sono con esso in presa sul mondo. 
Ogni percezione esterna è sinonima di una percezione del mio corpo. 

Quando percepisco un oggetto, non potrei sapere che ciascuno dei suoi profili rappresenta l’oggetto visto da qui o da lì, se non avessi coscienza del mio corpo come sempre identico attraverso le fasi del mio movimento. 

La cosa e il mondo mi sono dati insieme alle parti del mio corpo, in virtù di una connessione vivente.
Merleau-Ponty mostra come il soggetto della sensazione non sia un pensatore che annota una qualità (intellettualismo), né un ambito inerte che sarebbe colpito da essa (empirismo), ma è una potenza che "co-nasce" ad un certo contesto di esistenza. 

È il mio sguardo a sottendere il colore, è il movimento della mia mano a sottendere la forma dell'ogget- to, o meglio il mio sguardo si accoppia con il colore e in questo scambio fra il soggetto della sensazione e il sensibile non si può dire che uno agisca e l’altro patisca. 

Se volessi tradurre l’esperienza percettiva, dovrei dire che si percepisce in me e non che io percepiscohttps://it.wikipedia.org/wiki/Maurice_Merleau-Ponty
Infatti al di qua dell’idea di un soggetto e un oggetto, Merleau-Ponty intende descrivere l’apparizione di entrambi, a partire da un sostrato primordiale dal quale "co-nascono".

Con questa descrizione dello schema corporeo, Merleau-Ponty ha ritrovato una nuova unità del corpo, una nuova unità dei sensi. 
Questa unità è quella preriflessiva del mondo percepito.

Merleau-Ponty descrive il fenomeno di realtà, ovvero come accade che noi attribuiamo alle cose una certa forma, una grandezza, riconoscendole come le qualità di quell’oggetto, come accade che tali qualità, che nella percezione variano a seconda della prospettiva e della distanza, si possano cristallizzare e in definitiva costituire l’oggettività. 

Se il pensiero oggettivante considera l’oggetto percepito da distanze diverse sempre come la stessa cosa, Merleau-Ponty mostra come le varie percezioni da diversi punti di vista siano distinguibili, siano esperienze diverse, e che nonostante ciò l’oggetto io lo identifico attraverso tutte le distanze, poiché esse convergono con una distanza tipica. 
Le qualità della cosa sono sempre in un montaggio con il corpo: una cosa è grande se il mio sguardo non riesce ad abbracciarla. 

La costanza della cosa si fonda su questo orientamento primordiale del corpo, è un equilibrio originario, per cui esso la misura in base ad una tipica, su una distanza ottimale dal quale la cosa chiede di essere vista.
La cosa visiva, ad esempio, non è la coscienza di una data proprietà oggettiva, ma ciò che viene ripreso e ritrovato dal nostro sguardo o dal nostro movimento, un quesito cui essi rispondono esattamente.

La contraddizione che riscontriamo fra la realtà della cosa e la sua incompiutezza - la contraddizione di ciò che è insieme qui e ora e non è qui ed ora, dell’inerenza e dell’ubiquità - viene descritta piuttosto come un’alternativa. 
Se infatti si considera che io sono inerente al mondo perché non coincido con esso, perché sono ubiquità, infatti io ho un mondo perché non lo ho mai in modo esaustivo; se analogamente le cose fossero date una volta per tutte, se il presente fosse sempre specificato, non ci sarebbe nulla.
Queste due alternative non sono allora da scegliere, ma sono una in funzione dell’altra. 

Pertanto l’essere oggettivo non è l’esistenza piena, ma l’ambiguità.
L’essere oggettivo non è l’esperienza piena, nulla esiste e tutto si temporalizza, l’essere oggettivo ha le sue radici nell’ambiguità del tempo, infatti ogni cosa può offrirsi con le sue determinazioni piene solo se le altre cose si ritirano nella indeterminatezza, ogni presente può offrirsi nella sua realtà solo escludendo la presenza simultanea dei presenti anteriori e posteriori.

La cosa e il mondo non esistono se non vissuti da me o da soggetti come me, come concatenazioni delle nostre prospettive, pur trascendendole tutte, poiché tale concatenazione è incompiuta e temporale.

"L’être au mond" di Merleau-Ponty  presuppone un corpo che si muove nello spazio, che «comprende» tale movimento, non con la sola vista o con il solo tatto, ma con la totalità del suo essere carne. 
Le parti del corpo non sono dispiegate l’una accanto all’altra, ma implicate l’una nell’altra: il corpo non è un insieme di facoltàsensi separati, ma esperienza integrale, per la quale i “contenuti visivi” e i “contenuti tattili” sono  momenti inseparabili. 

Il concetto di «schema corporeo»  viene descritto di Merleau-Ponty: “il mio intero corpo non è per me un aggregato di organi giustapposti nello spazio. Io lo tengo in un possesso indiviso e conosco la posizione di ogni mio membro grazie a uno schema corporeo nel quale sono comprese tutte le membra. 
Lo «schema corporeo» è insomma una maniera di dire che "il mio corpo è al mondo” non è solo un’esperienza del mio corpo, ma anche un’esperienza del mio corpo nel mondo.

L’esperienza integrale di cui parla Merleau-Ponty, legata al concetto di «schema corporeo»ricorda da vicino la nozione di senso integrato del corpo suggerita da Damasio: «la rappresentazione dello stato dei visceri, da una parte, e dall’altra la rappresentazione dello stato degli apparati muscolo-scheletrici di arti, tronco e capo convergono in una mappa dinamica coordinata. 
Questa non è una mappa unica e continua, ma piuttosto una interazione e coordinazione di segnali di mappe separate». 
  • L'arco intenzionale di Merleau-Ponty e le conferme delle ricerche di Damasio
In termini neurologici, l’apparato neocorticale ritenuto legato alla “razionalità” sembra che non possa operare senza quello subcorticale, o della regolazione biologica.
L’autorappresentazione del corpo non è mai assente, lo stato di fondo del corpo è sotto osservazione continua «l’organismo costituito dalla associazione corpo-cervello interagisce con l’ambiente come un tutt’uno: l’interazione non è del solo corpo o del solo cervello».

Dalle ricerche neurologiche di Damasio https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Damasio su emozioni, sentimenti e cognizione sembra dunque provenire una conferma sperimentale del concetto di «arco intenzionale» di Merleau-Ponty. 

La vita della coscienza - vita conoscente, vita del desiderio o vita percettiva - è sottesa da un «arco intenzionale» che proietta attorno a noi il nostro passato ed avvenire, il nostro ambiente umano, la nostra situazione fisica, la nostra situazione ideologica, la nostra situazione morale, o meglio, fa sì che noi siamo situati sotto tutti questi rapporti. 

Se nell’ottica fenomenologica il corpo è la matrice di ogni altro spazio esistente, Damasio definisce “mitica” la separazione tra mente e cervello, per l'appunto «la mente è incorporata, nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello».
  • Varela e Maturana: l'embodiment
Varela propone i concetti di “embodied mind” e di “enaction” per ampliare ed approfondire gli aspetti fenomenologici della teoria dell’autopoiesi formulata con Maturana, in un percorso dai modelli formali verso una fenomenologia dinamica.  


 


La conoscenza dipende dall’essere in un mondo inseparabile dai nostri corpi, dal nostro linguaggio e dalla nostra storia sociale, ovvero dal nostro "embodiment"

Essa è il processo continuo che modella il nostro mondo mediante l’interazione reciproca tra vincoli esterni e l’attività generata internamente, è il risultato di «una continua interpretazione che emerge dalle nostre capacità di capire, radicata nelle strutture del nostro embodiment biologico ma vissuta ed esperita dentro un dominio di azione consensuale e di storia culturale».
  • Merleau-Ponty: la Filosofia, il corpo, lo spazio ed il movimento
Merleau-Ponty mentre sottolinea che la filosofia è l’insieme delle domande in cui colui che interroga è anch’esso chiamato in causa dalla domanda
Per descrivere la spazialità del corpo e la motilità, Merleau-Ponty ha introdotto il concetto di abitudine, definendola «apprensione motoria di un significato motorio». 

In riferimento al corpo, «il mistero di un insieme che, senza abbandonare la sua particolarità, emette significati atti a dotare di un’ossatura tutta una serie di pensieri ed esperienze». 

Abituarsi a un automobile o a un cappello significa «installarsi in essi, o viceversa, farli partecipare alla voluminosità del corpo proprio». 
Dunque l’abitudine esprime «il potere che noi abbiamo di dilatare il nostro essere al mondo, o di mutare esistenza assimilando nuovi strumenti», è un sapere che si affida solo allo sforzo corporeo.

L’accento posto sullo spazio evidenzia l’importanza della motilità – dotata del potere elementare di dare un senso – nella conoscenza del mondo. 
Lo spazio non è uno “spazio oggettivo” o uno “spazio di rappresentazione” fondato su un atto di pensiero, scrive Merleau-Ponty, ma esso «è già delineato nella struttura del mio corpo, ne è il correlativo inseparabile».

La motilità è descritta come «la sfera primaria nella quale originariamente sorge il senso di tutti i significati, nell’ambito dello spazio rappresentato». 
Per Merleau-Ponty si tratta di evidenziare il movimento attraverso il quale tutti i viventi cercano di conferire forma a un mondo che «non pare predestinato alle imprese della nostra conoscenza e del nostro operare», si tratta di abbandonarci allo spettacolo dell’animalità, invece di rifiutarle ogni sorta di interiorità.
  • La rete autopoietica di Varela e Maturana
Una risposta al problema posto da Merleau-Ponty viene dallo studio sulla organizzazione dei sistemi viventi in relazione al loro carattere unitario di Varela e Maturana: per i due studiosi un sistema vivente continuamente genera e specifica la sua propria organizzazione, definita da una rete autopoietica che lo distingue da ogni altro tipo di unità.

Le relazioni spaziali tra gli elementi che compongono un sistema vivente «sono specificate dalla rete dei processi di produzione dei componenti che costituiscono la sua organizzazione e sono in continuo cambiamento». 

La nozione di autopoiesi è necessaria e sufficiente per descrivere i sistemi viventi, ovvero sistemi che trasformano materia al proprio interno in modo tale che il prodotto del proprio operare è la loro propria organizzazione.https://www.doppiozero.com/materiali/humberto-maturana-e-la-vita-che-scorre

Tutta la fenomenologia dei sistemi viventi, compresa la riproduzione e l’evoluzione, richiede proprio e dipende da l’autopoiesi. 
I sistemi viventi, come macchine autopoietiche fisiche, sono sistemi senza scopo. 
L’ontogenesi non è un passaggio da uno stato embrionale (o incompleto) a uno stato finale (o completo), ma espressione del divenire di un sistema che in ogni momento è l’unità nella sua pienezza. Un sistema vivente è un sistema omeostatico che trova nella sua propria organizzazione la variabile costante.
  • Merleau-Ponty il ritorno all’essere grezzo 
Merleau-Ponty scrive, in alcune riflessioni sull’animalità, di quel che definisce «il carattere più strano delle omeostasi vitali», l’invarianza nella fluttuazione e parla di «equilibri dinamici instabili».
 «L’animale è il centro di una “messa in forma” del mondo, perché ha un comportamento, perché, nei brancolamenti di una condotta incerta e scarsamente in grado di accumulare l’acquisito, rivela lo sforzo di un’esistenza gettata in un mondo di cui non ha la chiave, e in tal modo ci ricorda i nostri fallimenti e limiti, la vita animale gioca un ruolo immenso nelle fantasticherie dei primitivi come in quelle della nostra vita nascosta».

Suggerisce di ritornare all’essere grezzo così come ci viene rivelato dal nostro contatto percettivo con il mondo. 
Merleau-Ponty scrive dell’animarsi del corpo umano non come discesa di una coscienza ma come «metamorfosi della vita».
  • Varela e Maturana: la cognizione come fenomeno biologico 
Anche per Varela e Maturana la cognizione è un fenomeno biologico, una conseguenza della circolarità e della complessità insite nella forma di ogni sistema il cui comportamento includa il mantenimento della forma stessa. 

Per Varela nella prospettiva dell’embodiment, se la cognizione dipende dal tipo di esperienza resa possibile dall’avere un corpo con capacità "senso-motorie" inscritte nel contesto biologico, psicologico e culturale, la percezione non è meramente inquadrata nel mondo circostante (e da questo vincolata), ma «contribuisce anche all’enazione di questo mondo circostante».
Organismo e ambiente sono legati insieme in una reciproca descrizione e selezione.

Questa impostazione cerca di oltrepassare il limite più della fenomenologia di Husserl (e in minor misura di Merleau-Ponty), ovvero l’impossibilità di recuperare in toto la ricchezza dell’esperienza.

Varela dice: mentre tenta di cogliere l’immediatezza della nostra esperienza riflessa e di farla parlare nella riflessione conscia - proprio perché attività sempre posteriore all’accaduto, a ogni vissuto -  la fenomenologia non può essere altro che un discorso su quell’esperienza. 

"L’embodied mind" presuppone invece una riflessione “interminata e incorpata”, una riflessione che non è solo sulla esperienza, ma che è essa stessa una forma di esperienza.


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